Val Graziosa di Calci
La Certosa di Calci fu fondata il 30 maggio 1366 per volontà del mercante pisano di origine armena Pietro di Mirante della Vergine. Destinata ad ospitare una comunità di monaci dediti alla vita eremitica, secondo i dettami del fondatore, Padre San Bruno di Colonia, la Certosa assunse ben presto rilevanza politica e territoriale, in particolare dopo aver annesso nel 1425 il monastero benedettino di Gorgona. decenni, l’edificio crebbe grazie ai lasciti e alle donazioni delle ricche famiglie pisane. Intorno allo spazio ancora indefinito del chiostro andava aumentando il numero delle celle, piccole abitazioni destinate alla vita contemplativa dei padri, mentre le case dei “fratelli conversi”, monaci laici dediti alle attività lavorative necessarie alla sussistenza della comunità.

Negli ultimi decenni del XIV secolo gli spazi cenobitici, quali la chiesa, la cappella capitolare e il refettorio, furono completati secondo lo schema planimetrico caratteristico dell’architettura certosina, ispirato alla partizione del tempo e ai modi dell’esistenza monastica. Ampliato organicamente nel corso dei secoli XVII e XVIII, il complesso monumentale assunse l’aspetto odierno grazie agli interventi progettati e diretti da Giuseppe Alfonso Maggi, Priore dal 1764 al 1797, che riguardarono la progettazione del grande cortile d’onore, la costruzione del foresteria granducale e dello scalone monumentale, e la realizzazione dei raffinati cicli decorativi. Il 23 aprile 1808 la comunità monastica, colpita dal decreto napoleonico di soppressione degli Ordini religiosi, fu sciolta e poté rientrare nel complesso monumentale solo nel 1814, a causa del ritorno dei Lorena in Toscana. Nel 1866 la Certosa entrò a far parte del Demanio ei Certosini continuarono ad abitarla fino al 1972 quando, essendo la comunità religiosa ridotta a sole due unità, l’Ordine abbandonò Fu per decisione dell’arcivescovo di Pisa Francesco Moricotti che il 30 mag- gio del 1366 venne fondata la Certosa, nella Val Graziosa di Calci. Il con il tento assunse un’importanza anche politica, in particolare dopo l’annessione dell’antico monastero benedettino dell’isola di Gorgona, avvenuta nel 1425. La fabbrica conobbe un’ulteriore fase di sviluppo nella seconda metà del XV secolo, allorché artisti fiorentini si impiantarono a Pisa per assolvere a nuove commissioni dell’Opera del Duomo; tra questi lo scultore Lorenzo di Salvatore da Settignano che nella Certosa realizza il chiostro del Capitolo (8), imponendovi il linguaggio aulico di Bernardo Rossellino. Ma è soprat- tutto tra Seicento e Settecento, ed in particolare sotto il priorato di Alfonso Maggi (1764-1797), che vengono compiuti i lavori più cospicui. Con alterne vicende (soppressioni degli ordini religiosi in epoca napoleonica e durante il regno dei Savoia) i monaci hanno abitato il monastero sino al 1972.
Si accede al complesso attraverso un vestibolo secentesco, coronato dalla statua di San Bruno, il fondatore dell’ordine; a destra si apre la cappella di Sebastiano, in origine riservata alle donne, e a sinistra la foresteria delle donne, attuale biglietteria
Cosa vedere
L’ampia corte d’onore longitudinale introduce al santuario. Di fronte all’ingresso è il prospetto barocco della chiesa, impostata su un podio con scalinata a doppia rampa, opera dell’architetto Nicola Stassi: da notare, sulla sommità, la statua della Vergine in gloria. L’interno, risalente al XVII secolo, è costituito da un’unica aula lungo le cui pareti sono addossati gli stalli lignei destinati ai monaci, una parete intarsiata a marmi policromi separa la zona destinata ai conversi. Sullo scor- cio del Seicento inizia la decorazione pittorica parietale con le Storie del Vecchio Testamento, dei bolognesi Antonio e Giuseppe Rolli; gli affreschi della cupola sono del lucchese Stefano Cassiani, autore anche delle pitture ai lati, dietro l’altare e tra le finestre. L’altare maggiore fu realizzato su dise- gno di Giovan Francesco Bergamini e terminato nel 1686 dal figlio Alessan- dro; vi si trova una tela di Baldassarre Franceschini detto il Volterrano, con San Bruno che offre la Certosa di Pisa alla Madonna, del 1681.
Dalla chiesa si accede alla sagrestia circondata da grandi armadi a muro, alla cappella delle Reliquie e alle varie cappelle, in cui ogni monaco celebrava la messa privata quotidiana; nella cappella di San Ranieri si conserva il dipinto settecentesco del pisano Giovan Battista Tempesti, con San Ramen, patrono di Pisa, nella cappella di San Bruno (6) è una tela raffigurante il santo, di Jacopo Vignali; la cappella della Vergine del Rosario fu affrescata da Giuseppe Maria Terreni alla fine del Settecento.
Tra gli ambienti più interessanti del monastero, la Foresteria Granducale , così detta perché riservata ai sovrani di Toscana, con pregevoli stuc- chi del Somazzi e affreschi a figure allegoriche di Pietro Giarré. Il refettorio attuale è il risultato della trasformazione del primitivo ambiente trecen- tesco: tra le testimonianze più antiche, l’affresco con l’Ultima cena, di Ber- nardino Poccetti (1597), mentre il resto delle decorazioni parietali, com – piute nel 1773, si deve a Pietro Giarré. Sul seicentesco chiostro grande , con al centro la monumentale fontana ottagona, si aprono le celle dei mona ci , ciascuna concepita come unità abitativa composta da più stanze. Tra i numerosi ambienti del monastero ricordiamo l’appartamento del Priore , la ricca Biblioteca, l’Archivio storico e la farmacia. Nella foresteria è stata allestita la Quadreria del convento, che ospita nume- rosi e pregevoli dipinti, tra cui la collezione della famiglia Borghini di Calci. L’ala ovest della Certosa ospita il Museo di storia naturale e del territorio dell’Università di Pisa.